CARATTERI


 

IL CORPO ASSENTE
marzo 2016

 
 
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M

È figura ricorrente quella del corpo assente
Illusione necessaria di città straordinaria
Affresco della grande storia che va oltre la memoria
O simulacro pieno d'aria di sconfitta millenaria?


A

Porgi a Tiresia la tua domanda,
dica l’arcano di quella lisa bandiera bianca.
Io vedo un burqa, un burqa blasfemo.
Un giorno cadrà.
E allora sapremo.







FERMACRAVATTA
novembre 2015

 
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“… e questa siepe, che da tante parte, dell’ultimo orizzonte …” No. C’è il colle dietro, non va. 

“… in questo seguitare una muraglia che ha in cima …” No, no, nemmeno. Magari le file di formichine rosse, ma i cocci? Dove li trovo i cocci? Aguzzi, perdipiù.

“… perforare il muro della terra”. No, direi di no. Potente. Troppo, però. 

 “… e poi insieme guardiamo gli alberi, e tu impari chi è tuo padre”. Fiuuuuuu! 

Insomma, riepilogando: il giardiniere ha fatto la sua parte ma un dio deve esser passato di lì, tra la siepe e i fili della bassa tensione. Solo a un dio verrebbe in mente di metterci in mezzo un fermacravatta.


M

Ed oltre, subito sotto, la scarpata di cotonastro strisciante è retta da una bordatura bassa in tronchetti di castagno

che delimita il vialetto, disassato e strombato, in pietrisco di calcare ossidato.

Dall’altro lato una siepe bassa di pitosporo, tagliata di fresco, divide dal prato declinante sul fiume nascosto ed indirizza, leggermente in discesa.

Seguendola si va verso la luce dispersa dal prisma orizzontale e dominante il giardino, subito al di sotto delle rocce calcaree con cui dialoga senza soggezione.  

E’ in legno di betulla, iterato ed esile, e vetro trasparente come l’aria che scende da questo cielo d’altura.

A spartirne lo spazio, come in un Danteum inondato di altrove, pesanti scaffali di libri capaci di nascondere e donare nuove prospettive.

Da qualche parte lì in mezzo c’è un dio, in piedi di spalle, ideatore di questo luogo di quiete e di ricerca infinita.

Nulla gli manca, ed il fermacravatta è il suo vezzo.







PUNTE DI VISTA
novembre 2015

 
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A

L’ho sempre e solo vista da lontano.
“È la tomba di un fascista” - e il pregiudizio se l’è fatto bastare.
Attraversò la Lapponia e ne riportò due legni per stare sulla neve che fecero meraviglia.
Percorse a piedi la via per la Sicilia, poi quella per Milano. Fu negli Stati Uniti, in Giappone, Siria, Palestina e Persia.
Arrivò, tra i primissimi, a Corno Grande con sotto i piedi la neve.
Era la fine del secolo quell’altro. Magari – dopo – fu anche fascista.
Avessi solo un minuzzolo di quel fuoco.

M

Ed io che - parafrasando Le Corbusier - mi interrogavo sul gioco non particolarmente sapiente se non per originarietà, rigoroso forse anche troppo, magnifico certo ma non per originalità, di quel volume (tra quei volumi) sotto la luce del sole. 
Insomma, dell’opportunità.